6.00 di mattina. Suona la sveglia e senza accorgermene la
spengo e torno beatamente a dormire. Per fortuna sono stato previdente e ne
avevo impostata una seconda per le 6.20.
Molto faticosamente mi trascino fuori dal letto e preparo lo
zaino. Stavolta decido di portarmi dietro, nel sacco personale, anche la nuova
lampada frontale che ho comprato, per vedere finalmente quanta luce fa nel buio
della grotta.
Preparo il pranzo, metto nello zaino gli immancabili pop-corn da
fine uscita e mi avvio in gruppo. Partenza prevista per le 7.30 in direzione
Grigno.
In sede ci ritroviamo io, Adriano, Sergio e Luca, dato in
forse fino all’ultimo minuto. Purtroppo Irene pacca l’uscita per sopraggiunta
influenza e Valentina per problemi di lavoro. Davide e Daniele ci aspetteranno
al punto di ritrovo: Bar Sport vicino alla chiesa di Grigno.
Arriviamo in paese per le 9.00 ed entriamo nel bar per una
seconda colazione mentre nel frattempo aspettiamo tutti gli altri componenti
della giornata (gruppo speleo di Pordenone, di Sacile e Stefano del gruppo di
Grigno che ci avrebbe fatto da guida).
Verso le 9.15 arrivano tutti ma di Furio (Davide ndr.)
nemmeno l’ombra.
Daniele: “Ehi dove sei? Io sono davanti alla chiesa piccola
e dietro all’altra chiesa con il campanile”
Esatto! A Grigno ci sono 2 chiese a ben 30 metri l’una
dall’altra o forse il campanile è la sede staccata, chi lo sa.
Davide: “Ok arrivo” […] “Sono nel piazzale dietro la chiesa
piccola”
Daniele: “Guarda che dietro la chiesa piccola c’è un bosco”…
“Sei sicuro di essere a Grigno?”
Panico, seguito da momenti di silenzio imbarazzanti
Davide: “Sì il navigatore mi dice di sì”
Io: “Ti mando la mia posizione. Mandami la tua così vedo
dove sei”
Ecco dove era... |
Finalmente, ricompattato tutto il gruppo, ci dirigiamo verso
la sede del Gruppo Grotte Selva dove ci cambiamo in fretta e furia per via
delle temperature non proprio tropicali. Il paese di Grigno è all’interno della
Valsugana che, in quel punto, è molto stretta con pareti rocciose molto alte,
per cui d’inverno è difficile/impossibile che i raggi del sole riescano ad arrivare ad
illuminare il fondovalle. Per questo motivo la temperatura è sempre bassa e si
è potuto formare uno strato di nevischio che ha ricoperto qualsiasi cosa. Non
essendoci grossi sbalzi di temperatura, il ghiaccio ha potuto lentamente
accrescersi e cristallizzarsi in questi simpatici e fotogenici ciuffi aciculari.
Ciuffetti di ghiaccio - Foto A. Ciampalini |
Ci incamminiamo verso l’entrata della grotta e lungo la
strada io, Furio e Narvalo (Daniele) intavoliamo conversazioni di cultura
cinematografica fino al momento in cui quest’ultimo commette un atto di lesa
maestà… dice di non aver mai guardato Jurassic Park. Non considerando il fatto
che gente è stata uccisa per molto meno, mi chiedo come possa studiare geologia
e non aver mai visto questo capolavoro senza tempo (non si accettano critiche
su questo).
In marcia |
Attraverso gli alberi si può osservare l’imponente parete
rocciosa dolomitizzata con la stratificazione evidentemente inclinata; inclinazione che, come
scopriremo, ha influenzato la formazione e l’andamento delle condotte carsiche.
Parete rocciosa e stratificazione - Foto A. Ciampalini |
Arrivati
all’entrata della grotta ci domandiamo tutti quale sia il motivo del nome
“Grotta della Bigonda” e l’unica spiegazione (ovviamente stupida) che ci viene in mente è
che sia l’unione delle due parole “big” (grande) e “onda”, dal momento che le
gallerie che andremo a visitare sono tutte condotte solitamente in pressione,
ovvero costantemente piene d’acqua.
Visto che non ci sono ancora cresciute le branchie e non
abbiamo sviluppato la capacità di respirare sott’acqua, per accedere a questo
enorme complesso carsico scoperto nei primi anni 50 del secolo scorso (anche se
all’interno abbiamo trovato scritte risalenti al 1944) abbiamo dovuto chiedere
al Gruppo Grotte Selva di attivare la serie di tubi che permettono lo
svuotamento dei numerosi sifoni.
Gruppo in entrata. Sarà uguale a quello in uscita? |
Ascoltando l'intro - Foto A. Ciampalini |
L’interno si presenta fin da subito
diverso da quelli a cui sono solitamente abituato. Condotte molto pulite,
perfettamente scavate lungo i giunti di strato (perché l’acqua trova minor
resistenza) con un pavimento inclinato ma quasi perfettamente piatto. Per
questi motivi la sezione di queste gallerie è di forma ellittica, molto
allungata lungo un asse, piuttosto che essere perfettamente circolare come ci
si aspetterebbe di trovare in “normali” condotte freatiche.
Condotta freatica ellittica scavata tra 2 strati - Foto A. Ciampalini |
Dopo circa mezz’ora di cammino arriviamo alla Grande
Diaclasi, un saltino di una decina di metri sviluppatosi come una fessura
verticale abbastanza stretta da discendersi in libera. Anche Roberto neo-speleo
del gruppo di Pordenone, denominato “balenottero azzurro”, è riuscito a farla,
nonostante all’inizio avesse l’ansia di rimanere bloccato. Grande Robertino!
Proseguiamo trovando sempre questa forma ellittica dei
canali che ci indica la strada. Oltre al pozzetto da fare in libera le uniche
“difficoltà” un po’ più impegnative sono state i vari laghetti da dover
superare. Impegnative perché chi, senza stivali, voleva far di tutto per
evitare di bagnarsi. Scene di contorsionismo degne del circo di Moira Orfei.
Dove ci si infila pur di non bagnarsi |
Piccola condotta freatica con laghetto finale - Foto A. Ciampalini |
Passaggio di un laghetto/sifone - Foto A. Ciampalini |
Entrati verso le 11.00 siamo usciti all'incirca alle 3. Non male per
aver fatto un giro abbastanza lungo, in 14 persone (6 del G.S.P, 6 di
Pordenone, 1 di Sacile e Stefano del gruppo di Selva che ci ha fatto da
Cicerone), con una diaclasi da scendere e risalire in libera e con 4-5 laghetti
da superare in andata e ritorno.
Rabosello (Alberto)
Nessun commento:
Posta un commento