Oggi sabato 13 giugno, nonostante fosse S. Antonio, io e Adriano ci siamo organizzati per aiutare il nostro amico Antonio nelle riprese di un nuovo documentario storico-naturalistico sui Colli Euganei. L'oggetto delle registrazioni odierne riguardava uno degli aspetti sotterranei dei Colli, la piccola Grotta di S. Elena, utilizzata da metà degli anni '30 come centro termale dell'INPS per via della presenza di una sorgente naturale di acqua termale.
Arrivati
a Battaglia Terme imbocchiamo il lungo viale d’accesso al complesso termale (ovviamente
Viale Sant’Elena), una strada lunga e dritta. Ad un certo punto superiamo un
vecchio cancellone arrugginito con sulla destra la guardiola del custode, “casotto”
di vetro e ferro che porta ormai i segni del tempo e dell’abbandono. Facciamo
una piccola salita e sbuchiamo in un ampio piazzale sul quale si affaccia un
grosso edificio anch’esso, come il gabbiotto del custode e gli altri palazzi
che dopo descriverò, lasciato tristemente al suo destino. Questo edificio
(Stabilimento Termale di S. Elena), costruito durante il ventennio, era
utilizzato come struttura pubblica per le cure termali da parte dell’Istituto
Nazionale di Previdenza Sociale (nato nel 1933) e vedeva, insieme al vicino
edificio INPS, un afflusso costante di circa 450 persone ogni due settimane. Queste
terme erano utilizzate a fini curativi, per fare i fanghi e altre terapie
legate alla risalita di acque calde profonde. Dagli anni ’90 del secolo scorso
però i costi di gestione sono diventati insostenibili da parte dello Stato e
quindi tutto l’impianto è stato chiuso e abbandonato.
Facciata principale delle terme - Foto Alberto Ciampalini |
Antonio ha vissuto a lungo a Battaglia Terme sin dall'infanzia per cui, appena arrivati, ha cominciato a raccontarci un sacco di aneddoti e storie su questo posto, visto che da piccolo veniva spesso a giocare a nascondino e a pallone con i suoi amici in questi grandi spiazzi.
Entriamo
all’interno del palazzo da una porta a vetri, situata sulla sinistra, sulla
quale campeggia la scritta “Grotta”. Varcata la soglia ci si accorge subito della
grandezza degli ambienti che caratterizzavano l’architettura del ventennio e, soprattutto,
del prolungato disuso e abbandono in cui versano questi immobili che un tempo
dovevano essere splendidi edifici.
Porta d'entrata. A sx cancello di Villa Emo - Foto Alberto Ciampalini |
Una delle tante stanze abbandonate - Foto Alberto Ciampalini |
Questa
grotticina (una delle prime grotte visitate e rilevate negli anni ’70 dai
fondatori del G.S.P Luciano Pandolfo, Riccardo Voltan e Serena Panajotti insieme a Guia Giacomelli) è un piccolo
ambiente ipogeo impostato lungo un corridoietto principale a cui si accede da
due porte metalliche comunicanti con l’interno dell’edificio. Due salette (più
un mini “disimpegno”) rispettivamente a metà a fine corridoio, munite di
panchine di pietra, affiancano il corridoio. Il tutto è stato scavato
all’interno della roccia vulcanica trachitica/riolitica per intercettare una
piccola, ma preziosa, sorgente di acqua termale. Questi tre ambienti avevano
anche un soprannome in base alla temperatura percepita da chi vi accedeva. La
saletta a metà corridoio, quella di maggiori dimensioni, era chiamata “il
Paradiso”; il disimpegno che divideva il corridoio dall’ultimo vano era
chiamato “il Purgatorio” mentre l’ultima saletta era ovviamente “l’Inferno” per
via della temperatura relativamente più calda.
Corridoio principale con soffitto voltato. A sx accesso alla saletta centrale "Paradiso", davanti ad Adriano il "Purgatorio" - Foto Alberto Ciampalini |
Sala principale "Paradiso" con panchina. Adriano sta osservando l'ex punto di fuoriuscita dell'acqua termale - Foto Alberto Ciampalini |
Saletta "Inferno" - Foto Alberto Ciampalini |
Tornati fuori abbiamo approfittato della presenza del
guardiano per entrare nel parco dell’adiacente e monumentale Villa Emo o Villa
Selvatico, bellissima villa nobiliare posta in cima a Colle Sant’Elena,
costruita da fine 1500 a metà del 1600 per volontà del marchese Bartolomeo
Selvatico e successivamente passata di mano in mano fino alla famiglia Emo-Capodilista,
famiglia nobiliare di cui si ha notizia dal XII secolo.
Il parco è veramente enorme, ettari di terreno che si
sviluppano tra zone alberate e sentieri che costeggiano alcuni laghetti.
Imponenti magnolie profumano l’aria; la solenne scalinata che sale in alto,
fino alla sommità dove si erge la villa, crea una visuale molto bella per chi
dal basso ammira la maestosità della dimora patrizia.
Purtroppo anche questo (come la gran parte del complesso) è
in disuso da parecchi anni. C’è stato il tentativo di rimetterlo a nuovo da
parte di un privato di Milano per farne un prestigioso albergo di lusso ma
purtroppo il tutto è andato in fumo. Dico purtroppo perché è un posto veramente
spettacolare ed è un peccato che resti così, succube del tempo, della mala gestione
anzi della non gestione, e delle intemperie.
Villa Emo - Foto Alberto Ciampalini |
Ci riavviamo alle macchine ma già che ci siamo chiediamo al
custode di poter andare a vedere anche il vecchio palazzo dell’INPS a pochi
passi dalla villa, dove un tempo c’erano tutti gli uffici (in uno dei quali
lavorava il padre dello stesso Antonio). E’ un palazzo enorme come era di norma
all’epoca, anche questo come gli altri abbandonato a sé stesso. Antonio ci
ricorda come quest’area dopo la guerra era occupata dagli inglesi i quali
avevamo montato tendoni per farne mense e camerate. Entriamo nel palazzo e
anche questo è caratterizzato da grossi ambienti, il più grande dei quali era
la sala mensa che, come ha detto il custode: "poteva contenere fino a
500 persone e c’era ancora spazio per andarci in bici".
Accanto a questo palazzo c’è un bellissimo parco, dotato di
tre grandi viali vegetati a diverse tipologie arboree uno dei quali, quello
centrale, chiamato “Viale delle magnolie”, si dice essere il più lungo d’Europa
con tali piante.
Tutto il complesso dal punto di vista paesaggistico,
naturalistico e architettonico è veramente spettacolare e se gestito bene
avrebbe un grosso impatto dal punto di vista turistico. Peccato che sia
lasciato tutto così come è.
Alberto (Rabosello)
Aggiornamento 16/06/2015
Con piacere ho ricevuto le mail dei fondatori del gruppo in cui raccontano aneddoti e ricordi di quando, nel 1976, hanno rilevato per la prima volta questa grotticina.
Riccardo: "mi ricordo bene quel rilievo perché in costume da bagno non ne abbiamo più fatti. Non sarà stata la Cueva de los Cristales, ma faceva un caldo della madonna lo stesso"
Serena: "ho letto con piacere il tuo post: come Riccardo e Luciano, ho un "caldo" ricordo di quel rilievo. Ci avevano raccomandato di non rimanere molto nella zona "inferno" ma un rilievo per quanto sia piccolo l'ambiente richiede tempo, soprattutto se gli strumenti si appannano in continuazione per via dell'umidità.... per farla breve ad un certo punto è venuta un'infermiera a vedere se eravamo ancora vivi....!"
Luciano: "Grazie, come ha detto Serena la cosa che fa più male è vedere lo stato di abbandono dopo 40 anni"
Ecco alcune scansioni di diapositive
Prima entrata 40 anni fa |
Costume necessario per non morire di caldo |
Serena, Riccardo e Guia post sauna |
1 commento:
Sono profondamente interessato a far risorgere questo piccolo spazio verde e monumentale, chi si vuole unire a me ne sarò felice. Grazie
PierAndrea Squarcina
338 .88.69.090
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