martedì 26 marzo 2019

Scherzi di prospettiva


“Andiamo via leggeri, 3 o 4 fix e ci si arriva”….queste son state le parole di Cesco al telefono ad inizio marzo, alla vigilia della prima uscita per provare a raggiungere questo promettente ingresso in parete in una laterale della Valle del Mis, visto casualmente su una fotografia online... Già, mai fidarsi di una fotografia!

E così, in una domenica uggiosa di inizio marzo, guidati dal buon Elvio, scopritore e fotografo del nostro obiettivo, ci siamo addentrati in valle, per questo avvicinamento di circa 2 ore tra cenge, mughi e passaggi esposti, i tipici ambienti selvaggi e inesplorati di questa zona.
L’immagine successiva è quella di un gruppo di 8 persone alla base di un anfiteatro naturale con pareti alte 100/150 metri, una serie di pieghe e sovrascorrimenti rende il posto particolarmente interessante anche dal punto di vista geologi, ma l’attenzione è tutta per questo enorme portale che si affaccia sopra di noi...tanto sopra di noi…troppo sopra di noi!



Si è capito subito che con i nostri miseri 30 metri di statica e una decida di fix non saremo andati molto lontani. Così dopo vari tentativi di Cesco in arrampicata di raggiungere una serie di passaggi che sembravano percorribili, tra roccia marcia, stillicidio e un infame ghiaino, si è optato per una classica risalita in artificiale che ci ha permesso di arrivare fino circa a metà strada, sotto questo imponente portale.
La prima giornata si è così conclusa con una sosta in parete una decina di metri sopra la prima parte leggermente più gradonata, senza più materiale.

Domenica 24/03
Questa volta il mucchio di corde e ferraglia che emerge dai bauli delle nostre auto, pronto per essere diviso tra i vari zaini, è innumerevole. Dopo essere stati completamente ingannati la prima volta dalla prospettiva con cui era stato fotografato l’ingresso in parete, questa volta ci siamo mossi in assetto pesante, con l’obiettivo di raggiungere quell’immenso portale.
Il gruppo è quello della prima volta, Cesco, Daniela, Ciccio, Luca e Marco U e la giornata è splendida, ma non vedremo praticamente mai il sole a causa dell’esposizione del versante. L’avvicinamento ormai è stato memorizzato e in tarda mattinata raggiungiamo il maestoso anfiteatro pronti a riprendere la risalita.
Il primo a partire, con Marco alla sicura è Ciccio, che riesce a passare la parte più strapiombante ma fortunatamente abbastanza sana di tutta la risalita. Dopo una decina di attacchi, la roccia è nuovamente un marciume: sosta su ancoraggio triplo e ci diamo il cambio, procedo io con la risalita con Cesco alla sicura.

 

Questa parte di parete è più appoggiata, ma la roccia è veramente pessima; si pianta non dove suona bene, ma dove suona meno peggio e, fatalità, non ci si riesce a spostare dalla verticale, rendendo le operazioni di pulizia e disgaggio particolarmente delicate. Raggiunto un piccolo terrazzino dopo un’altra decina di fix, altra sosta tripla e altro cambio, io mi metto alla sicura e lascio volentieri a Cesco l’ultima decina di metri particolarmente rognosi.
Sono le 18.00 quando finalmente siamo entrambi all’ingresso di questo portale alto quasi 50 metri, da cui assistiamo ad un tramonto magnifico sui Monti del Sole. 



Purtroppo la nostra meta tanto ambita, si rivela essere solamente un grosso covolo, interrompendo così le nostre speranze di poter trovare una qualche prosecuzione.
Qualche foto con la gopro e si scende, io per la progressione, portando via più materiale possibile e Cesco a doppie disarmando tutto il resto.
Dopo qualche peripezia sono le 19.00, è quasi buio e siamo ancora nell’anfiteatro alla base delle pareti.
La discesa, soprattutto la prima parte si rivelerà particolarmente insidiosa senza riferimenti, ma alle 20.30 siamo finalmente alle macchine, contenti per la girata e rammaricati per l’esito.
Ma d’altronde anche lo “zero” è un dato!

Luca



venerdì 1 marzo 2019

E mi e ti e Bus de Toni

 I monti azzurri dietro casa sono da sempre nel mio cuore. In particolar modo la loro propaggine a Nord, che guarda da lontano l'arco alpino lasciandosi a ovest i Colli Berici. Certo, gli Euganei sono rilievi montuosi modesti, come modeste sono le cavità naturali che nascondono, ma vuoi per il vecchio e comune desiderio di avere le cose che più ci piacciono ed appassionano anche vicino casa, vuoi per la loro unicità e anche per un sano campanilismo, che un sabato mattino di fine febbraio uno sparuto gruppo di speleo patavini si muove alla ricerca di cavità ipogee alla base della sella del Passo Fiorine sotto le pendici del Monte Grande e del Monte Madonna a Rovolon.

 Parcheggiata l'auto in piazza, ci dirigiamo verso il bosco puntando un paio di speroni rocciosi che spuntano fuori dalle cime dei castagni sempre più soffocati dalla giungla di robinia che l'incuria e l'abbandono favorisce. Il sottobosco, carico di fogliame in questa stagione dell'anno, lascia comunque spuntare una notevole quantità di blocchi più o meno grandi di trachite euganea che con il suo grigio e la sua rugosità mi ha da sempre trasferito piacevoli sensazioni. 

Foto: Mattia (Cavallo) Nardo

 Oggi, in particolare, sogno conferme, ovvero di aver individuato dopo innumerevoli tentativi infruttuosi una piccola cavità; il Bus del Toni. Avevo lasciato queste ricerche circa una settimana prima per le ridotte condizioni di sicurezza offerte dalle paretine prossime all'accesso, che mi avevano portato a più miti consigli e a richiedere rinforzi. La nostra, d'altronde, è un'attività di gruppo ed è solo in gruppo che puoi godere appieno delle escursioni, anche delle più piccole esplorazioni come questa.

Ingresso grotta "Bus de Toni". Foto: Marco Romano

 Giungiamo sulla cengetta a mezza parete che permette l'affaccio sull'ingresso della piccola cavità, un bellissimo delta nella grigia trachite con un'altrettanto bella oscurità che giace rintanata nel buco.
Alzo lo sguardo verso la parete alla ricerca di possibili ancoraggi e vedo infisso in una frattura della roccia un chiodo piuttosto datato, cosa che mi fa capire di aver trovato finalmente l'agognato Bus del Toni, in quanto tale cavità era già stata rilevata e documentata dal GSP CAI sin dagli anni '70. Ci mettiamo quindi al lavoro per doppiare la partenza del piccolo saltino di un paio di metri che conduce all'ingresso. Mattia incomincia a lavorare con martello e pianta uno spit, mentre, forse un po' troppo precipitosamente, io, Marco e Saverio scendiamo in sicura con un mezzo barcaiolo al vecchio chiodo. Giustamente arrivano pronti i rimproveri di Claudio… la sicurezza non è mai troppa.
Cacciamo finalmente la testa dentro e a ruota tutto il corpo, anima e mente. Con otto passi raggiungo il fondo della grotta che effettivamente per dimensioni non eccelle ma le sue peculiari caratteristiche sono ben altre.
La forma triangolare si mantiene anche all'interno, e gli spazi sono sufficientemente ampi da accoglierci comodamente. E' bello sentirsi avvolti dalla trachite, osservare le sue forme ed accucciarsi sul fondo osservando la luce esterna che entra rifrangendosi sulla pozza d'acqua che bagna l'ingresso.

L'interno. Foto: Marco Fioraso

L'interno. Foto: Alberto (Rabosello) Ciampalini

 Marco e Claudio disquisiscono sulle varie ipotesi di genesi della cavità elucubrando come ad un simposio di geologia. Me la godo ascoltandoli.
Godo pure del calduccio determinato soprattutto dall'assenza della fredda brezzolina di questa mattina di fine inverno, infatti qui dentro si stà proprio bene. Osservo un bel ragno che scende rapido sulla sua semistatica tipo A e lo saluto mentre mi accingo ad uscire.
Arrivano anche Maurizio e Mattia (Cavallo) che dopo il lavoro accurato di armo si godono i brevi istanti di visita del Bus del Toni.
Ma non è finita qui. La mia ricerca era cominciata da alcune indicazioni prese da Internet e tra queste spiccava anche una foto dell'ingresso che non corrisponde assolutamente con la morfologia della grotta riscoperta questa mattina. E allora che buco è? Un'altra grottina nella trachite?
Effettivamente le descrizioni presenti on-line sull'ubicazione di quest'ultima grotta non corrispondevano con il sito del Bus del Toni. Non ci restava che dare il via ad una serrata battuta di caccia su e giù per le pendici del Monte Grande. Nel frattempo ci raggiunge Alberto (Rabo) che non perde occasione per tirare fuori illuminatori e flash da dare in mano a tutti, salvo poi rendersi conto delle effettive ridotte dimensione della grotta. Opta per una veloce foto col cellulare.
Dopo una breve sosta alla croce che si affaccia sull'abitato di Rovolon e che offre una splendida vista sulla pianura, rifocillati dall'ottima mortazza di Claudio decidiamo di buttarci a capofitto lungo lo sperone roccioso alla cui base dovrebbe esserci quest'altra grotta. 

Il gruppo. Foto: Marco Romano

  La fitta vegetazione e la tipologia di macchia ricca di rovi acuminati ci rende le ricerche assai faticose. Preso dalla foga, osservata una zona rocciosa rientrante che suggeriva un possibile ingresso, mi butto a pesce lungo una traccia animale, percorro qualche metro strisciando e come un tasso mi ritrovo accucciato in un incavo della roccia in quella che molto probabilmente è una tana.

Nessuna grotta, nessun ingresso simile a quello rappresentato dalla fotografia.
Sembriamo cinghiali affamati tanto che ci mettiamo a frugare il sottobosco in corrispondenza delle pareti rocciose per stanare qualche anfratto. Ce ne sono parecchi, per la verità, ma tutti di infime dimensioni, ma l'ostinazione è tanta e proviamo a testare la profondità di questi piccoli pertugi con dei rami lunghi al massimo un paio di metri ma assolutamente sufficienti per tastare il fondo.
Niente da fare. Incominciamo ad essere stanchi e decidiamo di ritornare alle auto, non prima di pensare ad un bel birrozzo con affettati annessi su in Baita Fiorine.
Giusta e meritata fine di una bella giornata che ci vede ancora curiosare sul fondo della grottina di Santa Felicita alla chiesetta di Sant'Antonio Abate sull'altro versante del monte dopo il Salto delle Volpi. 

Sculture lungo il sentiero. Foto: Alberto Ciampalini

 Colli Euganei ci rivedremo presto alla ricerca delle piccole ma speciali "grotte" nella vostra trachite e non solo. A rivederci presto.

Marco Romano
Panoramica sopra Rovolon. Foto: Alberto Ciampalini