venerdì 6 luglio 2018

Pensieri di corsista

Con oltre un mese di colpevole ritardo pubblico i "Pensieri dal profondo" del nostro corsista Marco dopo la penultima uscita del corso al Bus della Genzia

Disturbo post traumatico da stress di un aspirante speleo, emozioni dal 45 esimo corso di introduzione alla speleologia

Come godo quando vivo intensamente le mie paure. Questa domenica è stato così. Il tombino di ingresso, la scaletta, il buio, la sbuffata di aria fredda e umida che arriva dal profondo. La Grotta. L’inospitale, i rischi e il mondo... fuori.
Scendi e prendi contatto con la roccia, con i tuoi compagni di viaggio, respiri e ti concentri, inizi a restringere il campo percettivo, i pensieri belli e brutti sono parcheggiati fuori, tu sei dentro, ora.
Altro compartimento della tua esistenza, compartimento stagno, inviolabile....o no?
Te stesso e i tuoi compagni di viaggio e un solo appiglio, la tecnica, lo strumento, la condizione di adattamento.

Arriva la prima verticale, il pozzo, ascesa inversa delle montagne rovesciate.
Gli strumenti, la tecnica, mezzo di locomozione per superare la paura dell’abisso che ti entra dentro come una boccata di schiuma densa di birra che sparisce per far defluire il luppolo nella gola come un’uscita dal meandro verso la tenebra.
La corda e il vuoto, che vuoto non è, abbracciato dal buio e dalla roccia che appare lingua solcata da rivoli acidi. Scendo. Sono nella S del discensore, sono la corda che suda fango frizionando sul moschettone di rinvio.

Il ritorno breccia fuori dalla bolla percettiva, lo senti, ma voglio godere della paura, dell’angoscia, dell’ansia, voglio spaventarmi, voglio pensare al mondo parcheggiato fuori, sopra, penso a mia figlia che è a casa e che chiede di papà.
Voglio aprire le porte alla percezione del fuori di me, voglio realizzare a pieno, quanto io sia piccolo di fronte al resto.

Tonnellate di roccia mi circondano, il buio, il freddo, il viaggio di ritorno lento per forza, le risalite, la paura di non farcela. Il cuore batte, batte veloce, motore di una macchina che si può fermare.
Godo di questo. Se sei vivo lo devi verificare accarezzando la morte.
Salgo con l’euforia del drogato di endorfine, con già la malinconia dello smarrimento emozionale.
Godo nel sentire ancora le forze nelle gambe e il cuore che pompa forte e piano.
L’uscita è la spiaggia calda e afosa che ti narcotizza, la Grotta è dietro che già ti tira giù come un drago che rabbioso rutta schizzi acidi che corrodono i pensieri.


Marco R.