domenica 14 giugno 2015

Grotta Termale di Sant’Elena ed ex Terme INPS


Oggi sabato 13 giugno, nonostante fosse S. Antonio, io e Adriano ci siamo organizzati per aiutare il nostro amico Antonio nelle riprese di un nuovo documentario storico-naturalistico sui Colli Euganei. L'oggetto delle registrazioni odierne riguardava uno degli aspetti sotterranei dei Colli, la piccola Grotta di S. Elena, utilizzata da metà degli anni '30 come centro termale dell'INPS per via della presenza di una sorgente naturale di acqua termale. 

Arrivati a Battaglia Terme imbocchiamo il lungo viale d’accesso al complesso termale (ovviamente Viale Sant’Elena), una strada lunga e dritta. Ad un certo punto superiamo un vecchio cancellone arrugginito con sulla destra la guardiola del custode, “casotto” di vetro e ferro che porta ormai i segni del tempo e dell’abbandono. Facciamo una piccola salita e sbuchiamo in un ampio piazzale sul quale si affaccia un grosso edificio anch’esso, come il gabbiotto del custode e gli altri palazzi che dopo descriverò, lasciato tristemente al suo destino. Questo edificio (Stabilimento Termale di S. Elena), costruito durante il ventennio, era utilizzato come struttura pubblica per le cure termali da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (nato nel 1933) e vedeva, insieme al vicino edificio INPS, un afflusso costante di circa 450 persone ogni due settimane. Queste terme erano utilizzate a fini curativi, per fare i fanghi e altre terapie legate alla risalita di acque calde profonde. Dagli anni ’90 del secolo scorso però i costi di gestione sono diventati insostenibili da parte dello Stato e quindi tutto l’impianto è stato chiuso e abbandonato. 

Facciata principale delle terme - Foto Alberto Ciampalini
Antonio ha vissuto a lungo a Battaglia Terme sin dall'infanzia per cui, appena arrivati, ha cominciato a raccontarci un sacco di aneddoti e storie su questo posto, visto che da piccolo veniva spesso a giocare a nascondino e a pallone con i suoi amici in questi grandi spiazzi. 

Entriamo all’interno del palazzo da una porta a vetri, situata sulla sinistra, sulla quale campeggia la scritta “Grotta”. Varcata la soglia ci si accorge subito della grandezza degli ambienti che caratterizzavano l’architettura del ventennio e, soprattutto, del prolungato disuso e abbandono in cui versano questi immobili che un tempo dovevano essere splendidi edifici.

Porta d'entrata. A sx cancello di Villa Emo - Foto Alberto Ciampalini

Una delle tante stanze abbandonate - Foto Alberto Ciampalini
Questa grotticina (una delle prime grotte visitate e rilevate negli anni ’70 dai fondatori del G.S.P Luciano Pandolfo, Riccardo Voltan e Serena Panajotti insieme a Guia Giacomelli) è un piccolo ambiente ipogeo impostato lungo un corridoietto principale a cui si accede da due porte metalliche comunicanti con l’interno dell’edificio. Due salette (più un mini “disimpegno”) rispettivamente a metà a fine corridoio, munite di panchine di pietra, affiancano il corridoio. Il tutto è stato scavato all’interno della roccia vulcanica trachitica/riolitica per intercettare una piccola, ma preziosa, sorgente di acqua termale. Questi tre ambienti avevano anche un soprannome in base alla temperatura percepita da chi vi accedeva. La saletta a metà corridoio, quella di maggiori dimensioni, era chiamata “il Paradiso”; il disimpegno che divideva il corridoio dall’ultimo vano era chiamato “il Purgatorio” mentre l’ultima saletta era ovviamente “l’Inferno” per via della temperatura relativamente più calda.

Corridoio principale con soffitto voltato. A sx accesso alla saletta centrale "Paradiso", davanti ad Adriano il "Purgatorio" - Foto Alberto Ciampalini
Sala principale "Paradiso" con panchina. Adriano sta osservando l'ex punto di fuoriuscita dell'acqua termale - Foto Alberto Ciampalini
Saletta "Inferno" - Foto Alberto Ciampalini

Tornati fuori abbiamo approfittato della presenza del guardiano per entrare nel parco dell’adiacente e monumentale Villa Emo o Villa Selvatico, bellissima villa nobiliare posta in cima a Colle Sant’Elena, costruita da fine 1500 a metà del 1600 per volontà del marchese Bartolomeo Selvatico e successivamente passata di mano in mano fino alla famiglia Emo-Capodilista, famiglia nobiliare di cui si ha notizia dal XII secolo.

Il parco è veramente enorme, ettari di terreno che si sviluppano tra zone alberate e sentieri che costeggiano alcuni laghetti. Imponenti magnolie profumano l’aria; la solenne scalinata che sale in alto, fino alla sommità dove si erge la villa, crea una visuale molto bella per chi dal basso ammira la maestosità della dimora patrizia.


Purtroppo anche questo (come la gran parte del complesso) è in disuso da parecchi anni. C’è stato il tentativo di rimetterlo a nuovo da parte di un privato di Milano per farne un prestigioso albergo di lusso ma purtroppo il tutto è andato in fumo. Dico purtroppo perché è un posto veramente spettacolare ed è un peccato che resti così, succube del tempo, della mala gestione anzi della non gestione, e delle intemperie.


Villa Emo - Foto Alberto Ciampalini


Ci riavviamo alle macchine ma già che ci siamo chiediamo al custode di poter andare a vedere anche il vecchio palazzo dell’INPS a pochi passi dalla villa, dove un tempo c’erano tutti gli uffici (in uno dei quali lavorava il padre dello stesso Antonio). E’ un palazzo enorme come era di norma all’epoca, anche questo come gli altri abbandonato a sé stesso. Antonio ci ricorda come quest’area dopo la guerra era occupata dagli inglesi i quali avevamo montato tendoni per farne mense e camerate. Entriamo nel palazzo e anche questo è caratterizzato da grossi ambienti, il più grande dei quali era la sala mensa che, come ha detto il custode: "poteva contenere fino a 500 persone e c’era ancora spazio per andarci in bici".

Accanto a questo palazzo c’è un bellissimo parco, dotato di tre grandi viali vegetati a diverse tipologie arboree uno dei quali, quello centrale, chiamato “Viale delle magnolie”, si dice essere il più lungo d’Europa con tali piante.


Tutto il complesso dal punto di vista paesaggistico, naturalistico e architettonico è veramente spettacolare e se gestito bene avrebbe un grosso impatto dal punto di vista turistico. Peccato che sia lasciato tutto così come è.


Alberto (Rabosello)


Aggiornamento 16/06/2015

Con piacere ho ricevuto le mail dei fondatori del gruppo in cui raccontano aneddoti e ricordi di quando, nel 1976, hanno rilevato per la prima volta questa grotticina.

Riccardo: "mi ricordo bene quel rilievo perché in costume da bagno non ne abbiamo più fatti. Non sarà stata la Cueva de los Cristales, ma faceva un caldo della madonna lo stesso"
Serena: "ho letto con piacere il tuo post:  come Riccardo e Luciano, ho un "caldo" ricordo di quel rilievo. Ci avevano raccomandato di non rimanere molto nella zona "inferno" ma un rilievo per quanto sia piccolo l'ambiente richiede tempo, soprattutto se gli strumenti si appannano in continuazione per via dell'umidità.... per farla breve ad un certo punto è venuta un'infermiera a vedere se eravamo ancora vivi....!"
Luciano: "Grazie, come ha detto Serena la cosa che fa più male è vedere lo stato di abbandono dopo 40 anni"

 Ecco alcune scansioni di diapositive


Prima entrata 40 anni fa

Costume necessario per non morire di caldo

Serena, Riccardo e Guia post sauna