lunedì 19 settembre 2011

CAPITOLO 2 – “PASSAKALOWSKI!”


Foto: -La Venta- Explorazioni Geografiche
Superiamo anche l'ultimo posto di blocco per inoltrarci finalmente nella periferia di Boysun; Un campetto da calcio polveroso, un viale di edifici fatiscenti, bettole, piccole botteghe di artigiani, qualche ristorante; questi ultimi facilmente riconoscibili dalla intarsiata presenza dei Tap Chang, sorta di tavolati in legno decorato, alti e spaziosi, colorati da tappeti e cuscini di morbido velluto. In questa regione dell'Asia è il luogo tradizionale dove mangiare, pisolare e a volte anche solo guardare il tempo che scorre.

Una macchina ci accosta di prepotenza, consumando il clacson e i fanali con l'intento di raccogliere la nostra attenzione. Sembra che Igor conosca il conducente, svolta bruscamente e lo insegue nei viali di Boysun.  Due ragazzini aprono un garage dai pesanti portoni in legno lavorato, seguiamo l'auto fin dentro l'edificio. I portoni vengono richiusi alle nostre spalle e provocano un pesante e lugubre frastuono. Dall'auto scende un uomo, magro, non molto alto, con dei baffoni uzbeki su un viso uzbeko. Ci presentiamo a Salim, che scopriamo essere il padrone di una specie di locanda.  Nel cortile interno, gustiamo una focaccia di pane gommoso, tè uzbeko (Chyai) e grosse fette d'anguria (Arbast), accoccolati sul tap chang. Rinfrancati, ci scateniamo in gran discorsi gestuali, cercando di capire dove dormiremo, se possiamo girare per la città senza problemi, se dobbiamo comprare dei permessi per stare in quel paese, ecc.

Ci sembra di intuire che l'arrivo del gruppo di russi è atteso per il pomeriggio dell'indomani. Il figlio di Salim giovane e curioso ci mostra la nostra stanza. Non rimane altro che dedicarsi al non far niente, ci appollaiamo su un soppalco rivolto verso il cortile, dove è stato ricavato un salottino. Chiediamo al ragazzino di procuraci qualcosa da bere. Torna con una meravigliosa birra Sarbast. Difficile immaginare che dà lì a pochi giorni, il desiderio di una Sarbast ghiacciata sarebbe diventata una costante  e splendida ossessione del nostro viaggio.

Foto: -La Venta- Explorazioni Geografiche
Oltre il soppalco, all'interno dell'edificio, nel suo piano superiore: un salotto, un gran tavolo ed una gran televisione. Cuscini, velluto e colori sparsi ovunque. Vi sono varie camere che accedono al salotto. La nostra è l'unica con tre letti. Apriamo di malavoglia i nostri bagagli, mentre lo stomaco brontola il desiderio di un pranzo.  Gesticoliamo quindi ad Igor di portaci in una bettola qualsiasi, nella discussione si intromette anche un pasciuto signore uzbeko. Dall'aria gioviale e amichevole. Talmente amichevole che ci convinciamo sia parte degli organizzatori della spedizione, o magari un vecchio amico dei russi, o addirittura una personalità importante del villaggio di Boysun (il sindaco?). Quel signore grassoccio e baffuto si offre di accompagnarci a pranzo. Igor ci inabbissa nuovamente nei viali di Boysun, questa volta guidato dal prestigioso sindaco della città.

Di ciò che segue possiedo ricordi offuscati. Una bettola diroccata. Zuppa innaffiata da torrenti di alcool. Ravioli con yogurt. Il signore grassoccio che continua ad ordinare bottiglie di vodka. Arrosticini. Ciambelle di pane caldo. Di tanto in tanto il nostro sconosciuto compagno: uzbeko, euforico e alticcio, ci urla con fare saccente e rabbioso: "Passakalowski!!!" supponendo che noi capissimo a meraviglia il discorso in russo sbiascicato che aveva intavolato ormai da qualche ora. Gli offriamo il pasto. Foto di rito: mentre siamo in posa, lui ha uno svenimento, suppongo per un principio di coma etilico. Lo reggiamo fino a che non riusciamo a riversarlo su un taxi. Igor dice qualcosa al tassita, che  se ne và col suo prodigioso carico. Quella fù l'ultima volta che lo vedemmo. Nessuno sà chi sia, ne come si chiama, ne tantomeno il significato della parola Passakalowski. Si è semplicemente fatto una gran bevuta gratis, per poi darsi misteriosamente alla macchia, diventando per forza di cose una figura leggendaria.

Foto: -La Venta- Explorazioni Geografiche
Rientriamo alla locanda, la sera optiamo per un pasto più mite. Una zuppa di carne. La padrona di  casa vestita di mille colori stà preparando la cena. I figli di Salim si mettono dentro un'aiuola del cortile interno, e chiedono di essere fotografati trai girasoli. Ci trascineranno quindi tra le vie del centro l’ennesima volta, nella pericolosa ricerca di qualche negozietto in grado di stampare le foto.  Ci rendiamo conto di essere senza documenti, fortunatamente ed incredibilmente non incrociamo gendarmi. Al ritorno, la madre osserva felice l’immagine dei figli, stampata su una carta sbiadita e spiegazzata, mentre mescola la zuppa di carne su un grande wok posato tra le braci. Tutto è molto familiare e placido. La donna, sulla quarantina, ha un sorriso che  ti arriva dritto al cuore. I figli si sono già impossessati del nostro portatile e ci scherniscono per l’assenza di giochi. Per lo stesso motivo rifiutano anche il GPS. Trovano più divertente invece imparare qualche offesa in italiano. Una doccia veloce in una specie di stanzino-sauna. Usciti da quel terribile luogo, il mortale caldo uzbeko sembra una brezza rinfrescante.

Foto: Cortesia Archivio Franceco Sauro.
Ancora una Sarbast.
Ci corichiamo, poco dopo mi alzerò con già i primi problemi all'intestino.


Continua… 
(JeanPierre)

giovedì 15 settembre 2011

Capitolo 1 - TASHKENT, IGOR, UN DESERTO E UNA BORSA DI SOLDI


Arriviamo a notte inoltrata a Tashkent, passando per Mosca. Attraversiamo il cortile dell'aereoporto uzbeko trascinando con noi 2 sacchi ognuno, ogni sacco pesa 23 fastidiosi chili. Siamo inoltre addobbati con altri zainetti, borselli macchine fotografiche.

Reference: -La Venta-Explorazioni Geografiche

Oltre il vuoto cortile dell'aereoporto, una brulicante folla di persone si accalcano contro la ringhiera. Ci addentriamo, trascinando le nostre cose, fra gruppi di tassisti urlanti, venditori con le loro ceste di vimini, autisti di qualche hotel, uomini d'affari, poliziotti, mendicanti. Uno di questi uomini urlanti si chiama Igor, e stringe tra le mani un cartello con scritto "Asia Adventure": l'agenzia concordata con gli amici russi per trasportarci nel primo tratto di viaggio.

Igor conosce due lingue altisonanti e indecifrabili: Uzbeko e Russo. Avvicinandosi a noi ci stringe la mano come una morsa, un sorriso un pò storto sulle labbra, lo sguardo duro, tagliente.-Italianski?- ci domanda con fare diffidente, - “Da”- rispondiamo, sfoderando l'unica parola che conosciamo di russo. Alla risposta affermativa riceviamo in cambio un pezzo di carta con delle scritte in inglese e una borsetta nera piena di un qualcosa di voluminoso e dalla forma squadrata. Nella carta, firmata dal capo spedizione russo, vi è scritto in un'inglese contorto di affidarci a Igor per le prossime 5 ore, il quale ci avrebbe portato attraverso il deserto verso la città di Boysun, dove avremmo passato la notte successiva in attesa del loro arrivo.

Apro la borsetta, contiene un mazzo di circa 400 banconote locali, non un grande valore in realtà, solo un grande volume, considerato che il taglio più grande di banconota esistente in Uzbekistan corrisponde a circa 30 centesimi di euro (misura anti-esportazione di banconote). Con questo mazzo di soldi dovremmo coprire le spese di viaggio per la nostra prossima tappa.
Reference: -La Venta-Explorazioni Geografiche


Carichiamo i bagagli nel furgone e ci lasciamo avvolgere dall'alba di Tashkent. La città scivola via veloce, tra i parchi secchi e i viali trafficati, gli alti edifici delle compagnie di estrazione del gas, circondati ai loro piedi da vicoli scalcinati e insicuri. Le strade d'asfalto rotto e bucato, ci conducono oltre la desolazione della periferia malfamata, sempre più dentro il deserto. Colline secche, immense pietraie sinuose, un calore via via più soffocante, man mano che il sole si innalza. Con Igor nemmeno una parola, comunichiamo a sguardi, a gesti, con non poche difficoltà, a volte il mio goffo gesticolare lo fà esplodere in una risata ruvida, che ben presto rientra. Mentre si destreggia alla guida, su imprevedibili strade di asfalto disgregato, a pezzi, a tratti assente, dove buche o animali in attraversamento rappresentano un incessante e pericoloso intermezzo.

Si leva un vento rovente, e secco. Sulle pietraie ai margini della strada, si colorano di polvere alcune imponenti trombe d'aria, che solcano per brevi tragitti i campi e l'arsura del deserto prima di scomparire magicamente. Spesso incrociamo paesi fantasma, poche baracche bruciate dal sole. Meno di frequente qualche ragazzino con le sue capre, un vecchio pastore a cavallo di un mulo, una coppia di donne vestite di mille colori ai margini di un sentiero desolato, ferme, che attendono chissà cosa. Guardandole viene quasi da domandarsi come sopravvive una tale bellezza in quel vuoto soffocante.

Reference:-La Venta-Explorazioni Geografiche
Miriadi di posti di blocco: ogni confine, ogni passaggio a livello, ogni incrocio, ogni ponte, ogni città; rallentare, farsi squadrare dalla polizia, mostrare i documenti, ascoltare Igor discutere più o meno animatamente, che decide talvolta di allungargli qualche Som per poter ripartire. Da una piega di una collina, raggiungiamo finalmente, a pomeriggio inoltrato Boysun. Igor si ferma su un belvedere con il furgone. La città è adagiata su una conca, circondata dal deserto infinito, qualche colle roccioso la sfiora da un lato, e più in la catene di monti intagliate e nude. Imponenti muraglie lontane, che a tratti si interrompono e a tratti riprendono la loro corsa verticale fino a perdersi nell'orizzonte.  Molte di queste montagne sono di pietra calcarea; un tempo, quando probabilmente qualche immenso ghiacciaio ne lambiva la sommità, è iniziata la corsa dell'acqua nel ventre della terra. Una spinta tettonica irresistibile ha poi innalzato tre longilinei e interminabili muri di roccia che per vari chilometri solcano paralleli questo tratto di Uzbekistan al confine con il Tagikistan.

Reference:-La Venta-Explorazioni Geografiche
Le cavità, di cui queste montagne sono costellate, proseguono ora la loro corsa in cielo, fuoriuscendo prepotenti dalle alte pareti a strapiombo. La nostra meta, Boysun Tau, la più alta di queste muraglie, tesse il suo cammino intorno ai 4000 metri di quota. Dal punto in cui siamo si vede appena. Ma ciò che non può la vista lo fà la nostra immaginazione. Siamo già al galoppo con la mente, nelle viscere della terra, tra la vertigine delle vette e il profondo silenzio ghiacciato delle grotte, avviluppati da un eco lontano dei racconti dei nostri predecessori, che vagarono su quelle altezze più di vent'anni prima in cerca di vuoto.

Igor, con lo sguardo storto, ci interrompe farfugliando qualcosa di incomprensibile. Nell'espressione secca del suo viso, si distingue in modo chiaro la sua terra aspra e imprevedibile. Con un cenno della sua mano capiamo che è ora di andare.


Continua…                      (JeanPierre)