mercoledì 21 gennaio 2009

Là dove il sogno è pieno d’acqua

Siamo dovuti andare in cerca di avventure, perchè non riuscivamo più a viverle nei nostri cuori...
[Re Artù ai cavalieri della tavola rotonda]


Fontanon della Stua: la porta bassa di quel sogno che pochi stolti, non paghi di vivere le avventure nei loro cuori, chiamano con nomi oramai famigerati: Locanda del Bucanieri, forra dei Poeti, Pozzo di Capitan Uncino, Halloween, Isabella, Trilly e su, su, nome dopo none, immagine del sogno dopo immagine da sogno, tutte nel contempo reali ed irreali, fino a quella voragine, 1400 metri e parecchi chilometri di oscurità più in alto, sulla piana dei Piani Eterni, il cui nome è PE 10.
Un capo del mio filo d'Arianna è legato vicino ai miei fidi, il resto è qui, nello svolgisagola che tengo in mano, e piano piano si stende lungo la galleria.
20 metri leggo sulla bandierina della sagola.
20 metri si svolgono per il semisifone e quel minimo di galleria semiallagata che porta al sifone vero e proprio dove mi trovo.
Ora sono lì, una spanna sott'acqua.

Le torce sul casco tagliano il buio che da almeno dieci anni nessuno viola più.
Il nervosismo assoluto, quasi terror panico, di cui ero prenda fino ad un attimo fa, è sparito e, finalmente calmo, respiro lento e profondo.
La galleria davanti a me prosegue abbastanza larga ma bassa e sembra del tutto indifferente al fatto che qualcuno sia venuto a disturbarla dopo tanto tempo, a cercare di percorrerla, a sognare infiniti spazi dì là ed attraverso di lei.
Pochi metri dietro le mie spalle Cesco, Giulio, Marco, Giulia, Marta e Francesco sono già a guardare gli orologi. Ne sono certo: "Se ritardo più di un ora a riemergere, andare pure a chiamare qualcuno per ripescarmi..."
E' tempo di sagolare come dio comanda, non come ho fatto fin'ora.
Questo è il sifone vero.
Qui se ci si impiglia ci si può far del male serio.
Qui la sagola può seriamente tirarti fuori dagli impicci, guidarti fuori nell'oscurità e nell'acqua torbida.
Decido di stendere la sagola a destra, in basso come da manuale.
La fisso con un elastico ad un sasso un metro sotto il pelo dell'acqua accanto alle altre due: il cavo elettrico che è partito assieme alla mia 20 metri fa e a un cordino bianco e rosso che parte proprio da qui.
Quell'improbabile sagola/cavo elettrico sapevo che l'avrei trovata, me lo aveva detto Alessio, l'ultimo ad essere stato qui, e per lo stesso motivo so anche che più avanti la troverò che passa sotto a dei e massi che le sono finiti di sopra dopo che qualcuno l’ha stesa.
Dell'altra sagola - altrettanto improbabile - un cordino da ferramenta da 6 con le bandierine fatte con le targhette in plastica dei portachiavi, non so nulla.
La galleria è abbastanza comoda; sarà un 2x1,5, scende in leggera discesa e ci si nuota bene.
Faccio una decina di metri e fisso di nuovo il mio filo.
Quello da 6 è sparito, strappato qualche metro fa; il cavo elettrico scompare e ricompare da sotto dei sassi da dieci e più chili: quando la risorgenza è in piena qui dev'essere proprio un bel ballare!
Fortuna che quando è in piena la risorgenza non è assolutamente immergibile e nessuno ci si troverà mai in mezzo!
La mia mente è lucida, di quella lucidità particolare, fredda e razionale, che sostituisce il mio nervosismo cieco quando ormai sono in acqua ed ascolto il mantra a regolare delle bolle espulse dall'erogatore.
Fredda e razionale registra tutti i particolari attorno a me e mi impone di sagolare con calma, respirare con calma, procedere lentamente e con circospezione.
Ma il cuore d'esploratore che ho in petto fugge lontano, davanti a me, s'incunea e scruta nelle tenebre appena oltre il fascio delle mie torce…
Ora il laminatoio curva un po' a sinistra, tendo un po’ il filo d'Arianna, lo fisso e proseguo.
Riappare la sagola in tessile col suo capo strappato e filaccioso; il cavo elettrico compare e scompare da sotto e dietro i sassi, spelato e lesionato in più punti.
40 metri.
La sagola da 6 è sparita, il cavo passa sotto a un sasso particolarmente grosso.
Qui e dove dev’essersi fermato Alessio, temendo per l'instabilità del soffitto nel timore che qualche blocco, staccandosi, gli finisse addosso.
Guardo bene tutto attorno e all'attività inconscia della mia mente che registra e pondera si sovrappone anche quella coscia.
La galleria mi pare abbastanza stabile, tocco il soffitto il più punti, lo percuoto – perfino - con qualche debole pugno subacqueo.
Avanzo ancora.
Forse qui sono il primo….
Il cuore d'esploratore esulta: un sogno di buio davanti a lui.
La mente cerca di tenerlo a bada, tenta di non far scappare il corpo avanti ad inseguirlo ciecamente.
50 metri.
Ho frazionato un paio di metri dietro le mie pinne.
Due massi particolarmente grossi ed alcuni sassi più piccoli ostruiscono la galleria lasciando solo un piccolo passaggio.
Molto piccolo.
Mi avvicino, spingono la luce delle torce di là... la galleria prosegue...
però è stretto...
Il cuore è già di là; la mente invece mi impone di posizionare bene il mio filo d'Arianna.
Cerco un sasso.
Prendo un elastico della giusta misura.
Bocca di lupo sulla sagola.
Elastico attorno al sasso.
Sasso lì a destra, dove ci sono solo pochi centimetri di spazio, in modo che la sagola sia tesa, abbastanza vicina da poterla seguire ed abbastanza lontana perché non ci si possa incagliare.
Infilo il braccio di là e depongo lo svolgisagola oltre, dove la galleria torna ad allargarsi.
Ora tocca a me.
Il petto a raschia su i sassi, le bombole suonano come campane battendo contro il soffitto.
Non passo.
È troppo piccolo.
Sono contrariato, ma mi ritiro, arretro.
Il secondo erogatore si incastra, l'elastico che lo trattiene al mio collo si tende.
Avanzo qualche centimetro, lo libero, torno a ritirarmi.
Anche il corrugato del GAV sta per incastrarsi, ma lo libero in tempo.
Sono fuori.
La mente combatte con cuore.
Guardo gli strumenti: -6,2; 17 minuti.
17 minuti? Di già?
Ricontrollo.
Sì: 17 minuti!
Non pensavo di essere in acqua da così tanto.
Guardo meglio la strettoia, la studio, valuto come potrei passarla.
La galleria mantiene quasi tutta la sua larghezza ma lo spazio utile è poco più largo di me e della mia attrezzatura, là dove i due massi sono appoggiati uno accanto all'altro.
A spanne misuro l'altezza del passaggio: appena più di due spanne.I guanti in neoprene non mi consentono di stendere bene le dita: saranno 40 centimetri!
La affronto il modo più razionale: sposto tutti i sassi che riesco a spostare per guadagnare anche frazioni di centimetro, raccolgo erogatore, corrugato e manometri e li spingono di là dalla strettoia, oltre la mia testa, metto un braccio avanti, ne tengo uno indietro.
Un colpo di pinne: avanzo.
M'incuneo.
Gratto.
Non passo.
Mi ritiro di nuovo.
Per un attimo la mente mi ricorda che qui sono da solo, forse più solo di un astronauta durante una passeggiata spaziale: ma il cuore ha la meglio!
Torno dentro.
Clangore di bombole.
Stridore di strumenti e tuta sui sassi.
Di nuovo bloccato!
Il cuore urla: "Pinneggia come un forsennato, la forzi e passi!"
Sto quasi per ascoltarlo.
La mente mi ferma un istante prima: " Che cavolo stai facendo, idiota!"
Torno indietro.
I miei amici mi aspettano 50 metri ed un milione di anni luce indietro.
La mente mi lascia uno scampolo di speranza: la convinzione che tornando con le bombole ai fianchi e magari con un piccolo piede di poco potrò portare il mio cuore e le mie luci oltre la strettoia.
Mi giro e ricomincio a bobinare il mio filo d'Arianna.
Decido di bonificare il sifone dalla sagola da 6 che, rotta in un paio di punti si trova a fluttuare pericolosamente per la galleria.
Ripercorro a ritroso il laminatoio e sbuco dall'acqua.
Contemporaneamente, lancio un grido agli altri per informarli che tutto OK e guardo gli strumenti, -6,2 m, 21 minuti.
Faccio a ritroso il semisifone e ritrovo Marco e Francesco che mi aspettano nell'ultimo posto dove si può restare relativamente (gran poco invero) asciutti.
Mi chiedono com’è stato di là.
Mi aiutano a liberarmi dal bombolame e dalla robaccia che ho addosso.
Sorrisi sui loro volti.
Strisciamo fuori e, dove la galleria s’allarga: Giulia, Marta, Giulio, l’atro Francesco…
Altri sorrisi.
Un sorso di brodo caldo.
Il racconto di come prosegue la galleria, della strettoia che m’ha bloccato.
Senza ritegno, chiedo subito a loro se gli va di tornare, tra qualche settimana, con un’attrezzatura leggermente diversa…
Cerco di essere i loro occhi là sotto, di raccontargli tutto.
Cerco di trasmettere loro, tra una battuta e l’altra, l’esatta forma nella quale prosegue il sogno nel buio cuore della montagna, il nostro sogno.
Hanno il diritto di sapere com’è. Ne hanno di certo più di quanto ne abbia io: hanno sudato, imprecato e sofferto di più di me là su, sulla piana dei PE, in questi anni.
Ne hanno il diritto perché anche questa volta si sono sbattuti un intero giorno tra auto, neve, carichi pesanti, teleferiche sul Mis, lunghe attese!
Sbaracchiamo e insacchiamo tutto e pian piano scendiamo verso le auto.
Un attimo prima che, scendendo, l’ingresso torni a nascondersi ci giriamo a salutare la grotta: “Ci vediamo presto, caro il nostro Fontanon….” e non suona come una minaccia, ma come una promessa perchè non c’è modo di arginare i cuori di coloro che sognano, che esplorano, che amano.
Uno speciale ringraziamento a Giulio, Giulia, Marta, Marco, Francesco, Francesco per aver condiviso con me l’avventura; Alessio e Beppe per i consigli e l’appoggio tecnico e morale.

Salvatore

5 commenti:

Giulia ha detto...

Grande Sal! E' difficile per noi profani immaginare le sensazioni che si provano a immergersi in un posto del genere..anche se la motivazione che ci spinge a farlo è la stessa.. si chiama esplorazione la nostra droga!grazie per aver scritto così bene di quest'avventura.. ora pare anche a me di intravvedere gallerie oltre la strettoia.. quando si torna? :-)

Cescospeleo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Cescospeleo ha detto...

Volevo dire! Se non fossi anch'io con l'immaginazione oltre quella strettoia certo non ti accompagnerei lanciandomi in una improbabile teleferica suicida, mio tricheco. Ma purtroppo per te la mia mente è già oltre e vive dei tuoi racconti.
Quindi, anche non volessi più tornare, non hai scampo... Il Fontanon non aspetterà troppo tempo!

Anonimo ha detto...

...e io che speravo tornassi fuori con il "big bamboo" che avevamo lasciato alla locanda del bucaniere per te...
...evvabbè!
...comunque bello quello che hai scritto...per chi come me probabilmente non potrà mai vedere quei posti è fondamentale che ci sia qualcuno che almeno ce li racconti...
hasta la cueva, siempre!

Anonimo ha detto...

Gran bel racconto, gran bella immersione!

Fantastico immaginare che sei andato in cerca degli stessi miei sogni, solo dall'altra parte della via...